Il Signore è il mio Pastore

Archivio per settembre, 2010

MESSAGGIO DELLA MADONNA


Messaggio della Madonna a Medjugorje del 25 settembre 2010

/Cari figli, oggi sono con voi e vi benedico tutti con la mia benedizione materna di pace e vi esorto a vivere ancora di più la vostra vita religiosa perchè siete ancora deboli e non siete umili. Vi esorto figlioli, a parlare di meno e a lavorare di più sulla vostra conversione personale affinchè il vostro testimoniare sia fruttuoso. E la vostra vita sia una preghiera incessante. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

SAN PIO DA PIETRELCINA

Erede spirituale di San Francesco d’Assisi, Padre Pio da Pietrelcina è stato il primo sacerdote a portare impressi sul suo corpo i segni della crocifissione.
Già noto al mondo come il “Frate stigmatizzato”, Padre Pio, al quale il Signore aveva donato particolari carismi, si adoperò con tutte le sue forze per la salvezza delle anime. Le moltissime testimonianze dirette della “santità” del Frate, arrivano sino ai nostri giorni, accompagnate da sentimenti di gratitudine.
Le sue intercessioni provvidenziali presso Dio furono per molti uomini causa di guarigione nel corpo e motivo di rinascita nello Spirito.

Padre Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina, un piccolo paese del beneventano, il 25 maggio 1887. Venne al mondo in casa di gente povera dove il papà Grazio Forgione e la mamma Maria  Giuseppa Di Nunzio avevano accolto già altri figli. Fin dalla tenera età Francesco sperimentava in se il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio e questo desiderio lo distingueva dai suoi coetanei. Tale “diversità” fu oggetto di osservazione da parte dei suoi parenti e dei suoi amici. Raccontava mamma Peppa – “non commetteva nessuna mancanza, non faceva capricci, ubbidiva sempre a me e a suo padre, ogni mattina ed ogni sera si recava in chiesa a visitare Gesù e la Madonna. Durante il giorno non usciva mai con i compagni. Qualche volta gli dicevo: “Francì esci un pò a giocare. Egli si rifiutava dicendo: “non ci voglio andare perché essi bestemmiano“.
Dal diario di Padre Agostino da San Marco in Lamis, che fu uno dei direttori spirituali di Padre Pio, si venne a sapere che Padre Pio, fin dal 1892, quando aveva solo cinque anni, viveva già le sue prime esperienze carismatiche. Estasi ed apparizioni erano così frequenti che il bambino le riteneva assolutamente normali.

Con il passare del tempo poté realizzarsi quello che per Francesco era il più grande sogno: consacrare totalmente la vita al Signore. Il 6 gennaio 1903, a sedici anni, entrò come chierico nell’Ordine dei Cappuccini e fu ordinato sacerdote nel Duomo di Benevento, il 10 agosto 1910.
Ebbe così inizio la sua vita sacerdotale che a causa della sue precarie condizioni di salute, si svolgerà dapprima in diversi conventi del beneventano, dove fra Pio fu inviato dai suoi superiori per favorirne la guarigione, poi, a partire dal 4 settembre 1916, nel convento di San Giovanni Rotondo, sul Gargano, dove, salvo poche e brevi interruzioni, rimase fino al 23 settembre 1968, giorno della sua nascita al cielo.

In questo lungo periodo, quando eventi di particolare importanza non modificavano la quiete conventuale, Padre Pio dava inizio alla sua giornata svegliandosi prestissimo, molto prima dell’alba, cominciando con la preghiera di preparazione alla Santa Messa. Successivamente scendeva in chiesa per la celebrazione dell’Eucarestia al quale seguivano il lungo ringraziamento e la preghiera sul matroneo davanti a Gesù Sacramentato, infine le lunghissime confessioni.

Uno degli eventi che segnarono profondamente la vita del Padre fu quello verificatosi la mattina del 20 settembre 1918, quando, pregando davanti al Crocifisso del coro della vecchia chiesina, ricevette il dono delle stimmate, visibili; che rimasero aperte, fresche e sanguinanti, per mezzo secolo.
Questo fenomeno straordinario catalizzò, su Padre Pio l’attenzione dei medici, degli studiosi, dei giornalisti ma soprattutto della gente comune che, nel corso di tanti decenni si recò a San Giovanni Rotondo per incontrare il “Santo” frate.

In una lettera a Padre Benedetto, datata 22 ottobre 1918, lo stesso Padre Pio racconta della sua “crocifissione”:
“…cosa dirvi di ciò che mi dimandate del come si è avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che Tu hai operato in questa tua meschina creatura! Era la mattina del 20 dello scorso mese (settembre) in coro, dopo la celebrazione della Santa Messa, allorché venni sorpreso dal riposo, simile ad un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell’anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed abbandono alla completa privazione del tutto e una posa nella stessa rovina, tutto questo avvenne in un baleno. E mentre tutto questo si andava operando; mi vidi dinanzi un misterioso personaggio; simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondava sangue. La sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell’istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto. La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che sperimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i giorni. La ferita del cuore gitta assiduamente del sangue, specie dal giovedì a sera sino al sabato.
Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e per la confusione susseguente che io provo nell’intimo dell’anima. Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore e col ritirare da me questa operazione…
.”

Per anni, quindi, da ogni parte del mondo, i fedeli si recarono da questo sacerdote stigmatizzato, per ottenere la sua potente intercessione presso Dio.
Cinquant’anni vissuti nella preghiera, nell’umiltà, nella sofferenza e nel sacrificio, dove per attuare il suo amore, Padre Pio realizzò due iniziative in due direzioni: una verticale verso Dio, con la costituzione dei “Gruppi di preghiera”, l’altra orizzontale verso i fratelli, con la costruzione di un moderno ospedale: “Casa Sollievo della Sofferenza”.
Nel settembre del 1968 migliaia di devoti e figli spirituali del Padre si radunarono in convegno a San Giovanni Rotondo per commemorare insieme il 50° anniversario delle stigmate e celebrare il quarto convegno internazionale dei Gruppi di Preghiera.
Nessuno avrebbe immaginato invece che alle 2.30 del 23 settembre 1968 avrebbe avuto termine la vita terrena di Padre Pio da Pietrelcina.

La capacità di sopportare le offese

LA CAPACITA’ DI SOPPORTARE LE OFFESE E LA VERA PROVATA PAZIENZA

Che è quello che vai dicendo, o figlio? Cessa il tuo lamento, tenendo presenti le sofferenze mie e quelle degli altri santi. “Non hai resistito ancora fino al sangue” (Eb 12,4). Ciò che tu soffri è poca cosa, se ti metti a confronto con coloro che patirono tanto gravemente: così fortemente tentati, così pesantemente tribolati, provati in vari modi e messi a dura prova. Occorre dunque che tu rammenti le sofferenze più gravi degli altri, per imparare a sopportare le tue, piccole. Che se piccole non ti sembrano, vedi se anche questo non dipenda dalla tua incapacità di sopportazione. Comunque, siano piccoli o grandi questi mali, fa’ in modo di sopportare tutto pazientemente. Il tuo agire sarà tanto più saggio, e tanto più grande sarà il tuo merito, quanto meglio ti sarai disposto al patire; anzi lo troverai anche più lieve, se, intimamente e praticamente, sarai pronto e sollecito. E non dire: questo non lo posso sopportare; non devo tollerare cose simili da una tale persona, che mi fa del male assai, e mi rimprovera cose che non avevo neppure pensato; da un altro, non da lui, le tollererei di buon grado, e riterrei giusto doverle sopportare. E’ una stoltezza un simile ragionamento. Esso non tiene conto della virtù della pazienza, né di colui a cui spetta di premiarla; ma tiene conto piuttosto delle persone e delle offese ricevute. Vero paziente non è colui che vuole sopportare soltanto quel che gli sarà sembrato giusto, e da chi gli sarà piaciuto. Vero paziente, invece, è colui che non guarda da quale persona egli venga messo alla prova: se dal superiore, oppure da un suo pari, o da un inferiore; se da un uomo buono o santo, oppure da un malvagio, o da persona che non merita nulla. Vero paziente è colui che indifferentemente – da qualunque persona, e per quante volte, gli venga qualche contrarietà – tutto accetta con animo grato dalla mano di Dio; anzi lo ritiene un vantaggio grande, poiché non c’è cosa, per quanto piccola, purché sopportata per amore di Dio, che passi senza ricompensa, presso Dio.
Sii dunque preparato al combattimento, se vuoi ottenere vittoria. Senza lotta non puoi giungere ad essere premiato per la tua sofferenza. Se rifiuti la sofferenza, rifiuti anche il premio; se invece desideri essere premiato, devi combattere da vero uomo e saper sopportare con pazienza. Come al riposo non si giunge se non dopo aver faticato, così alla vittoria non si giunge se non dopo aver combattuto. Oh, Signore, che mi diventi possibile, per tua grazia, quello che mi sembra impossibile per la mia natura: tu sai che ben scarsa è la mia capacità di soffrire, e che al sorgere di una, sia pur piccola, difficoltà, mi trovo d’un colpo atterrato. Che mi diventi cara e desiderabile, in tuo nome, qualsiasi prova e qualsiasi tribolazione: soffrire ed essere tribolato per amor tuo, ecco ciò che è grandemente salutare all’anima mia.


RICONOSCI IL TUO DESTINO

La vita dell’uomo è come il fiore del campo che spunta al mattino e appassisce la sera (cf Sal 89, 5-6). L’uomo nasce, vive e muore. Il suo destino è l’eternità. La sua vita è così poco considerevole da non sembrare che un sogno.
Stolto è colui che non orienta la sua vita verso il proprio destino e vive come se non dovesse morire, come se dovesse rimanere per sempre sulla terra.
Nella vita ti poni tanti problemi e forse trascuri di pensare al tuo vero problema: quello del tuo destino. Fra tutti gli stordimenti e le distrazioni della vita sei solo davanti al tuo destino.
Non sei creato per il tempo ma per l’eternità; sei destinato a partecipare alla immutabilità ed eternità di Dio. Scopo del tempo è quello di prepararsi alla beatitudine eterna.
Quando Dio ti ha chiamato a esistere a sua immagine e somiglianza (cf Gn 1, 26-27) ha seminato nel tuo animo l’aspirazione all’infinito e all’eterno.
Sei capace di Dio, e perché ti appaghi delle Creature? Puoi aspirare all’eternità, e perché ti attacchi a oggetti passeggeri? Riconosci il tuo destino. Dio ti ha promesso la vita beata senza fine con gli angeli, l’eredità incorruttibile, la gloria eterna, la dolcezza del suo volto, la dimora santa nei cieli, e, dopo la risurrezione, la fine del timore della morte.
Quando tu avrai conseguito queste promesse avrai raggiunto il fine per cui sei stato creato, ti inabisserai nel sommo bene che è Dio, conoscerai quello che egli conosce, amerai quello che egli ama e godrai quello che egli gode; il tuo cuore sarà colmo di felicità, non cercherai più nulla, non domanderai più nulla. E così ti perderai nell’eternità. La tua vita è come l’acqua del fiume, che trova riposo solo nel mare della felicità eterna.
Quanto è fuggevole la gioia che l’uomo cerca di spremere dagli avvenimenti e dalle cose! È solo una pallida immagine di quella gioia che non avrà tramonto. Tutto ciò ti allieta sulla terra è un’ombra, la realtà è in cielo.
La gioia che provi quando Dio ti mette a parte dei suoi segreti, non è che una piccola goccia, caduta da quel rigonfio torrente di delizie che ti sta preparando nei cieli. Mentre assisti giorno per giorno al disfacimento del tuo corpo, tua abitazione sulla terra, sappi che riceverai un’abitazione eterna (cf Lc 16, 9). Sulla terra ti agiti in una piccola goccia d’acqua, finché in cielo entrerai nell’oceano della vita di Dio. Beato te, se cercherai di vivere fin d’ora nell’oceano di questa vita! Il pensiero del tuo destino eterno ti sarà pure di grande conforto nelle avversità.
Non cercare una effimera ricompensa terrena; il tuo cuore sia rivolto a ciò che è eterno. Solo questo possesso soddisferà pienamente e per sempre le tue aspirazioni.
Come la fiamma tende sempre in alto, così tenda a Dio tutta la tua vita. I santi, più di ogni altro, hanno vissuto la realtà della vita, ritenendola un puro passaggio verso il cielo.
Stolti e insensati gli uomini, che non pensano al cielo e vivono come se fossero creati solo per fabbricar case, piantar alberi e accumular denaro!
Per parte tua tieni sempre presente la rapidità con cui tutto finisce. Vivi per le realtà perenni e i valori autentici, anche se sarai ritenuto stolto da chi non ha la vera sapienza.
Oh! Quale grande disegno di amore ha Dio sopra di te! Vedi l’uccello dell’aria? Egli non sa perché vive. Giunto alla sera della sua esistenza, tutto è finito per lui. Non così è per te. Tu sai perché vivi, e la sera della tua giornata terrena ne apre una eterna nel cielo.
Il tempo è breve, l’eternità è alle porte. Provvediti in vita di quei beni che non perderai con la morte. Quale fortunato commercio è mai il tuo! Con le cose temporali compri le eterne.
Indicami, o Signore, il mio posto nel mondo. Fa’ che di niente io goda o mi dolga, se non di ciò che a te mi avvicina o da te mi allontana. Che io disprezzi tutte le cose caduche e mi siano care tutte le cose eterne. Mi disgusti ogni piacere dove tu sei assente, e nulla desideri di ciò che è fuori di te.

(dal sito di GESUEMARIA )